EDITORIALE DELLA FONDAZIONE

Che senso hanno le guerre nel 2024, un ciclo che non si spezza

Guerre nel 2024, chi guadagna e chi perde tra geopolitica, dittature e multinazionali.

Che senso hanno le guerre nel 2024, un ciclo che non si spezza

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Perché la storia non ci insegna nulla, il ciclo eterno delle guerre moderne.

Nonostante i secoli di storia e le atrocità già viste, il mondo non riesce a liberarsi delle guerre. Nel 2024, la domanda che molti si pongono è: che senso ha tutto questo? In un’epoca in cui la diplomazia dovrebbe prevalere e la tecnologia potrebbe risolvere gran parte dei problemi globali, le guerre continuano a segnare le nostre vite. Ma chi ci guadagna davvero, chi ci perde, e perché sembra che la storia non ci insegni mai nulla?

Ucraina e medio oriente, due facce della stessa tragedia

L’invasione russa dell’Ucraina ha riportato la guerra in Europa, svelando quanto siano fragili le promesse di pace. La retorica del "denazificare" si è rivelata una cortina fumogena per un’aggressione geopolitica che ha messo a rischio milioni di vite. Nel Medio Oriente, invece, il conflitto israelo-palestinese e altre tensioni regionali continuano a mietere vittime, alimentate da decenni di incomprensioni, estremismi e politiche internazionali fallimentari. In entrambi i casi, a pagare il prezzo più alto sono le popolazioni civili: profughi, vittime di bombardamenti e generazioni private di un futuro.

Instabilità geografica, dittature mascherate da democrazie

Dietro a molte guerre si nasconde l’instabilità geografica, dove confini tracciati senza logica storica o culturale continuano a creare attriti. In alcuni casi, dittatori travestiti da leader democratici sfruttano il nazionalismo per consolidare il loro potere. La democrazia, in questi contesti, è spesso solo una parola vuota, usata per giustificare repressioni interne e conflitti esterni.

Chi ci guadagna, il cinismo delle multinazionali

Le guerre sono una tragedia umana, ma per alcuni rappresentano un’opportunità. Multinazionali che producono armi, sistemi di sicurezza o tecnologia militare prosperano in tempi di conflitto. Allo stesso modo, le aziende che si occupano di ricostruzione e risorse naturali trovano nelle aree di guerra un terreno fertile per i loro affari. Il caos, per loro, è una miniera d’oro.

Chi ci perde, le popolazioni dimenticate

A perdere sono sempre le persone comuni: sfollati che abbandonano la propria casa, lavoratori che vedono le economie locali collassare e giovani che crescono senza istruzione o speranza. I paesi colpiti rimangono spesso intrappolati in cicli di povertà e instabilità, mentre le élite locali e internazionali trovano modi per trarre profitto anche da questa devastazione.

Ma la storia non ci insegna nulla?

La domanda più amara è questa: perché non impariamo mai? Dai massacri delle guerre mondiali ai conflitti più recenti, ogni guerra porta promesse di "mai più", ma la memoria collettiva è corta e la sete di potere è eterna. Le soluzioni esistono, ma richiedono coraggio, empatia e una visione globale che vada oltre gli interessi economici.

Conclusione

Le guerre nel 2024 non hanno senso, se non per chi vi trova un tornaconto. Ma per milioni di persone rappresentano una realtà ineluttabile. Forse il cambiamento arriverà solo quando smetteremo di guardare ai conflitti come eventi inevitabili e inizieremo a considerarli per quello che sono: il fallimento collettivo dell’umanità.


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06 Dicembre 2024 © Redazione PANTAREI Fondazione Premio Antonio Biondi

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