EDITORIALE DELLA FONDAZIONE
Luigi Pirandello, uno dei giganti della letteratura italiana, ci ha regalato innumerevoli capolavori, ma forse nessuno di questi ha confuso e deliziato allo stesso tempo come "Uno, nessuno e centomila". La morale di questo romanzo? Beh, se solo Pirandello fosse qui a spiegarcelo! Ma visto che non possiamo chiamarlo per una chiacchierata, proviamo a decifrare questo enigma letterario con un po’ di ironia.
La molteplicità delle identità, un’esperienza quotidiana
Immaginate di svegliarvi un giorno e di scoprire che il vostro naso è storto. E non solo, ma di rendervi conto che ognuno vi vede in modo diverso: per uno siete un grande amico, per un altro un rompiscatole. Ecco, Pirandello prende questo piccolo incubo quotidiano e ci costruisce un romanzo intero. La morale? La realtà è come un buffet di matrimoni: tutti vedono quello che vogliono, e nessuno è d’accordo su cosa sia davvero buono.
Uno: l’illusione della propria identità
Il nostro protagonista, Vitangelo Moscarda, crede di essere una persona unica e coerente. Ah, la dolce ingenuità! Pirandello ci ricorda con un sorriso (o una risata beffarda) che la nostra identità è un concetto fragile e malleabile. Vitangelo scopre che l’immagine che ha di sé è solo una tra le tante e, alla fine, forse la meno importante. È come credere di essere il DJ della festa, solo per scoprire che il vostro mixtape non piace a nessuno.
Nessuno: il vuoto esistenziale
Arriviamo alla parte "divertente": Vitangelo, nel suo viaggio interiore, arriva alla conclusione che non è nessuno. Un vero spasso, no? Pirandello ci fa vedere come, sbucciando via tutte le maschere che indossiamo, rimaniamo con il nulla. Ma forse è proprio qui che sta la genialità (o la follia) di Pirandello: trovare il vuoto può essere liberatorio. O almeno, è una scusa perfetta per evitare di fare i conti con le bollette.
Centomila: la proliferazione delle identità
E infine, i centomila. Ogni persona vede Vitangelo in modo diverso, creando un caleidoscopio di identità. È come andare su Instagram e vedere centomila versioni di voi stessi: il filosofo, l’atleta, il critico culinario... Pirandello ci dice che non esiste una singola verità, ma un’infinità di prospettive. E forse, la vera morale è accettare che siamo tutti un po’ schizoidi (in senso buono, ovviamente).
Conclusione: vivere in un teatro dell’assurdo
In "Uno, nessuno e centomila", Pirandello ci invita a vedere la vita come un teatro dell’assurdo, dove le nostre identità sono ruoli temporanei in un gioco senza fine. La morale? Smetti di prenderti troppo sul serio, perché nessuno lo fa davvero. Abbraccia l’incertezza e goditi il viaggio, anche se a volte sembra di essere su un treno senza destinazione. E ricordate, se il vostro naso sembra storto a qualcuno, forse è solo perché loro hanno gli occhiali sporchi.
21 Giugno 2024 © Redazione PANTAREI Fondazione Premio Antonio Biondi
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