EDITORIALE DELLA FONDAZIONE
Il 17 febbraio 1965, un piccolo garage in via Tagliamento, all’ingresso del quartiere Coppedè di Roma, si trasformò in uno dei locali più iconici della scena musicale italiana. A fondarlo furono Alberigo Crocetta e Giancarlo Bornigia, due visionari che intuirono il potenziale di uno spazio destinato a diventare un punto di riferimento per la musica e la cultura giovanile. Il Piper Club, così venne chiamato, non era solo una discoteca, ma un luogo di sperimentazione, dove il beat e il rock internazionale trovavano casa e davano voce a una generazione in fermento.
Un tempio della musica e delle nuove tendenze
Sin dalla sua apertura, il Piper divenne un crocevia di influenze musicali e artistiche. Il libro di Corrado Rizza, Il tempio del beat, presentato oggi allo Spazio 7 di Roma, racconta come questo locale sia stato uno dei primi in Italia a ospitare performance dal vivo, scambi di dischi e l’introduzione della figura del dj. Tra gli adolescenti che lo frequentavano c’era Mita Medici, la prima "ragazza del Piper", che avrebbe poi lasciato il segno nel mondo dello spettacolo e della musica. Patty Pravo la seguì, diventando un’icona del club e della musica italiana.
I protagonisti della scena musicale
Il Piper vide esibirsi band che segnarono un’epoca: The Rokes, affiancati dalla Equipe 84, seguiti dai Pooh, Lucio Battisti, Dik Dik, fino a grandi artisti come Gianna Nannini e Antonello Venditti, che qui mossero i primi passi. Eventi memorabili caratterizzarono la storia del locale, tra cui la leggendaria esibizione di Jimi Hendrix e il passaggio dei Rolling Stones. Perfino i Beatles fecero visita al Piper, anche se solo per provare alcuni brani e non per un concerto ufficiale. Tra il pubblico, oltre ai giovani appassionati, si aggiravano anche artisti come Mario Schifano, mentre il primo dj del locale, Giuseppe Farnetti, faceva ballare intere generazioni.
Il Piper come luogo di trasformazione culturale
Non era solo la musica a rendere il Piper speciale. Era uno spazio di crescita, confronto e libertà espressiva. I giovani si vestivano e si comportavano in modo innovativo: Mita Medici, per esempio, usciva di casa con la gonna lunga, che poi arrotolava in vita per trasformarla in una minigonna, seguendo le mode dell’epoca. Il Piper fu un ambiente in cui la gioventù imparava a costruire un’identità, sviluppando un pensiero critico e un senso di appartenenza a una generazione che voleva cambiare il mondo. "Ballavamo solo se ci piaceva la musica, altrimenti restavamo fermi", racconta Mita Medici, ricordando come il pubblico avesse un ruolo attivo nella selezione musicale.
Un punto d’incontro per artisti e intellettuali
Il Piper non era solo un locale per ragazzi, ma un luogo frequentato anche da grandi personalità della cultura e dello spettacolo. Vittorio Gassman, Franco Zeffirelli, Anna Magnani, Alberto Bevilacqua, Rudolf Nureyev, Monica Vitti, Giorgio Albertazzi, Lilla Brignone, Ugo Sciascia, Nanni Loy, Renzo Vespignani, tutti nomi che hanno lasciato il segno nella storia del cinema, della musica e del teatro italiani, trascorrevano serate in questo tempio della creatività.
Storie e leggende del Piper
Tra le tante vicende legate al locale, spiccano amicizie e incontri indimenticabili. Carlo Verdone, ancora giovane, passava ore a chiacchierare e suonare la batteria al Piper, mentre Loredana Bertè era una presenza fissa tra le personalità di spicco dell’epoca. Mita Medici, che negli anni ’70 ebbe una relazione di tre anni con Franco Califano, racconta di un periodo in cui la gioventù aveva il coraggio di sperimentare senza paura, accettando le proprie fragilità e trovando nel Piper una fonte inesauribile di energia e ispirazione.
17 Febbraio 2025 © Redazione PANTAREI Fondazione Premio Antonio Biondi
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